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Il termine stesso, autodifesa, presuppone un protagonismo che non bisogna dare per scontato.
Dopo l'ennesima aggressione da parte delle forze dell'ordine ai danni di un nostro fratello senegalese, a Genova, gli immigrati/e e gli antirazzisti che vivono in questa città hanno dato vita ad una risposta che non è stata per niente casuale (di questo riportiamo nelle pagine di questa news). Sono anni, infatti, che l’Associazione ‘3 febbraio’ propone e pratica la scelta di piena accoglienza e in questo l'autodifesa come forma affermativa individuale e collettiva di reazione alle aggressioni e agli abusi delle forze dell'ordine e dei razzisti. Dopo l'aggressione subita da un nostro fratello è maturata ancora di più la consapevolezza che non c'è nessuno a cui delegare la nostra incolumità: se sono gli stessi "tutori dell'ordine" gli aggressori, a chi, chiedere di difenderci? questa è una domanda che rivolgiamo alla nostra gente da anni, dialogando e suscitando in ciascuno la responsabilità della comune incolumità e vita. Stiamo imparando che soltanto noi stessi in prima persona possiamo garantirle. Ecco perché parliamo di protagonismo nell’iniziare a fare da se, autoresponsabilizzandosi per se stessi e per i propri fratelli e sorelle. Uno degli aspetti fondamentali, infatti, è la solidarietà: scendere in piazza o partecipare ad una manifestazione, intervenire in un’assemblea, informare il quartiere andando oltre la propria comunità, è fondamentale ma decisivo è coinvolgere tutti e tutte, rendere partecipi e responsabili tutte le comunità nell’attivarsi per la solidarietà. Per esempio, per un fratello del Senegal non basta la solidarietà della propria comunità; è decisiva la solidarietà delle comunità arabe, delle comunità sudamericane, italiana ecc.
E’ una scelta difficile quella di esprimere la propria solidarietà a persone che non conosciamo ma è la scelta più grande, anche perché mentre la si fa ci si inizia a conoscere ed inizia a prevalere ciò che ci unisce in quanto essere umani. La solidarietà interetnica ci aiuta a crescere e a conoscere, ci aiuta a superare le diffidenze, ci permette di affermare l’amicizia, ci permette di sentirci degli essere umani migliori e di essere più solidali tra di noi.
Tutto questo ha bisogno di essere praticato in maniera organizzata e auotorganizzata, cioè ha bisogno che ciascuno di noi lo scelga. Essere organizzati significa garantire non solo la partecipazione di tutti e tutte ma che innanzitutto ciascuno possa essere valorizzato.
Anche per questo costruiamo l’A3F dove ogni singolo individuo possa esprimere il meglio di sé e in questo vogliamo continuare noi stessi ad imparare.
Per questo, le assemblee sono fondamentali ma ancora di più hanno bisogno di protagonisti convinti, positivi, capaci di ascoltare o di fare critiche costruttive che mettano al centro le priorità cioè le idee e la solidarietà. Nell’ambito di una proposta di accoglienza incondizionata l'autodifesa interetnica ha bisogno di essere organizzata, progettata meglio, dappertutto, in Italia ed oltre, ha bisogno di essere sperimentata in prima persona individualmente e collettivamente, quindi ha bisogno di protagonisti, di avanguardie, di mettere al centro la solidarietà tra gli esseri umani che siano di culture, provenienze e fedi differenti, che si uniscano nel tentativo di affermare la dignità umana.
La vita che scegliamo ha bisogno di solidarietà interetnica.
Pablo Olivo Mera