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Lettera dei lavoratori bengalesi contro la schiavitù a Papa Francesco, in occasione della sua visita a Napoli, sabato 21 Marzo - Iniziativa di sensibilizzazione Venerdì 20 Marzo, ore 13, Moschea di Corso Lucci, a Napoli

Cari amici e amiche,

Finora ci avete seguito in questa coraggiosa lotta contro la schiavitù promossa dai lavoratori bengalesi delle fabbriche di Sant'Antimo (NA). Ad essi si sono uniti in questo cammino i fratelli profughi e i lavoratori ambulanti della città per far sì che l'arrivo del Papa accenda l'attenzione sui drammi che vivono tanti immigrati ed italiani poveri.
In nome di questa unità umana, di questa fratellanza e per protestare contro la barbarie del terrorismo che uccide gente innocente, come nell'ultimo attentato di Tunisi, promuoviamo per domani venerdì 20 marzo una iniziativa di sensibilizzazione e dialogo davanti alla moschea di Napoli di corso Arnaldo Lucci a partire dalle ore 13. Tale iniziativa vedrà con noi le comunità degli immigrati e tanti musulmani, cristiani e credenti di diverse fedi uniti e schierati per la pace e per la fratellanza.

Diamo a tutti voi appuntamento a domani e ad essere con noi sabato 21 Marzo (giorno dell'arrivo del Papa) alle ore 8 in piazza Garibaldi per poi andare insieme in piazza del Gesù.

In allegato, riportiamo la lettera pubblica dei lavoratori bengalesi contro la schiavitù, rivolta a Papa Francesco.

Per adesioni:

Web: www.a3f.org
Mail: napoli@a3f.org
Tel: 3465708065, 3283863982
Twitter: @Ass3Febbraio ; FaceBook: Ass3Febbraio

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Caro Papa Francesco,

ti scriviamo perché abbiamo bisogno di te e forse anche tu di noi per conoscere la realtà triste della schiavitù in Italia. Come te anche noi veniamo dalla fine del mondo, nel nostro caso dal Bangladesh. Siamo emigrati per migliorare la nostra vita ma qui abbiamo trovato l’inferno. Dei criminali ci hanno reclutati nel nostro Paese, promettendoci lavoro e benessere nelle fabbriche italiane. Siamo giunti così a S.Antimo ( area nord di Napoli) con l’illusione di poter sollevare la condizione dei nostri cari che, come sai, vivono in una terra tra le più povere al mondo. Giunti in Italia siamo finiti in una rete di schiavitù e soprusi infiniti. Lavoravamo 14 ore al giorno, tutti i giorni senza alcun settimo giorno per riposarci. Tutto per 1 euro all’ora e per ricevere a fine mese meno ancora della paga stabilita. Il padrone sequestrava i nostri passaporti e ci picchiava per tenerci sottomessi. Cosi sono passati vari anni…
Oggi qualcosa è cambiata: l’incontro con persone di un’associazione antirazzista (l’associazione 3 Febbraio) ci ha cambiato la vita. Da queste tenebre alcuni di noi sono venuti fuori tirando fuori anche altri: è cominciata una lotta per la dignità e il lavoro, abbiamo denunciato il padrone (oltre che pubblicamente anche alle autorità giudiziarie) e siamo riusciti ad ottenere il permesso di soggiorno la cui mancanza è una delle cause della nostra schiavitù. Siamo risusciti a creare una forte solidarietà sia tra di noi che con la gente del posto, ma la strada è ancora tanto lunga. Oggi infatti vari di noi sono sotto protezione sociale, purtroppo le minacce dei criminali continuano ed è dura talvolta resistere. Sai bene, anche per le tue origini, quanto è difficile per chi è immigrato essere accolto. Spesso l’indifferenza, se non il razzismo, ci tolgono il fiato e la speranza. Infatti, per noi è stato uno shock vedere come tutto questo avviene nell’indifferenza e nella normalità. Vedere che eravamo noi a produrre in queste fabbriche quelle marche per cui l’Italia va fiera nel mondo per la qualità del suo abbigliamento. Tutto questo avviene per la gran parte sulle nostre spalle. Tali condizioni ci hanno riportato alle immagini del crollo dell’edificio in cui morirono migliaia di lavoratrici tessili, a Dacca qualche anno fa, e dove alcuni di noi hanno perso i propri cari. Immagina la violenza intima subita ogni volta che il padrone ci diceva che potevamo fare qualsiasi cosa, ma nulla sarebbe cambiato. Ancora oggi infatti gira libero per le strade continuando a minacciarci. Oggi però siamo più forti. Lo siamo grazie alla fratellanza che è nata tra di noi, all’aver scelto la passione e non la violenza, la combattività e mai la vendetta. Siamo più fratelli, non solo nella nostra comunità, ma anche con chi è diverso da noi per etnia, fedi e culture. Crediamo fortemente che un giorno tutto questo possa cambiare e che l’umanità possa vivere felice in pace. La nostra piccola rivoluzione è solo un primo passo. Infatti, in tanti luoghi della Campania la schiavitù continua e le condizioni di migliaia di nostri simili che lavorano nelle fabbriche sono tuttora brutali. Siamo però determinati a continuare. Non ci basta esserci liberati, vogliamo impegnarci nella solidarietà con tutti gli altri. Per questo ci rivolgiamo a te, per accendere una speranza oltre che una luce su questa vicenda. Saremmo felici di incontrarti e stringerti la mano: oggi non più schiavi ma tuoi fratelli.

Lavoratori bengalesi contro la schiavitù
Associazione Antirazzista Interetnica 3 Febbraio 3465708065

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