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Le norme in materia di accoglienza dei fratelli provenienti dal nord africa

La nostra associazione è protagonista, anche se in modo differenziato da città a città, sul fronte dell’accoglienza umana dei fratelli arabi.
Con queste brevi note si vuole fornire un quadro, che sarà aggiornato in relazione agli ulteriori sviluppi della situazione, il più chiaro possibile delle norme emanate dal governo in materia, in modo tale da poter offrire a tutti e, soprattutto ai fratelli, un’informazione corretta e leale.
Il decreto al quale si deve fare riferimento è il D.P.C.M. (decreto presidente del consiglio) del 5 aprile 2011 (pubblicato sulla G.U. n. 81 dell’8.04.2011).
Si focalizza l’attenzione solo su quegli aspetti del decreto che sembrano rilevanti.
1. A chi si applica il decreto.
Testualmente il decreto si applica ai “cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa affluiti nel territorio nazionale dal 1° gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011”.
La legge usa una terminologia geografica poco precisa. Perciò per cittadini provenienti dal Nord Africa devono intendersi non solo i tunisini ma tutti coloro che sono cittadini dei paesi del Nord Africa (dal Marocco all’Egitto, quanto meno).
La norma individua, però un limite temporale: coloro che sono arrivati in Italia dal 1.01.2011 al 5.4.2011.
Questo termine può essere contestato sulla base delle seguenti argomentazioni.
La protezione umanitaria viene accordanta in base alla considerazione che è stata riconosciuta una situazione di emergenza. E’ questa che giustifica l’adozione della protezione umanitaria.
Se così è, che differenza c’è tra un fratello che arriva oggi in Italia dal Nord Africa e uno che arrivato il 2 aprile? E’ la medesima emergenza umanitaria a determinare l’esigenza della protezione.
Il limite temporale della decreto è perciò illegittimo perché in contrasto con l’art 2 e 3 della Costituzione, nonché con la normativa comunitaria in materia di protezione umanitaria. Inoltre, esso si trova in contrasto con lo stato di emergenza umanitaria dichiarato dal Governo italiano con il D.P.C.M. del 12.02.2011 (G.U. N. 42 DEL 21.02.2011) fino al 31 dicembre 2011. In temrini più chiari lo Stato italiano con quest’ultimo decreto ha dichiarato che esiste uno stato di emergenza quanto meno fino al 31.12.2011. Se il governo italiano certifica l’esistenza di una situazione di emergenza quanto meno fino al 31 dicembre 2011 perché dovremmo accogliere solo i fratelli che sono venuti in Italia fino al 5 aprile?
Da ciò discende: a) che i respingimenti attuati fino ad ora devono essere considerati illegittimi; b) che se conosciamo fratelli che sono venuti dopo il 5 aprile il consiglio è quello comunque di presentare domanda, ma di attrezzarsi con i legali per un eventuale ricorso.
2. Il termine per presentare la domanda per il permesso di soggiorno umanitario
Stabilisce il decreto che la richiesta del permesso di soggiorno umanitario e' presentata dall'interessato entro il termine di otto giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (e cioè entro il 16 aprile 2011). Come considerare questo termine? Perentorio (chi si presenta oltre il termine non ha diritto al permesso di soggiorno) ovvero ordinatorio (che non può essere motivo per non concedere il permesso di soggiorno)? La questione è delicata. Bisogna sapere che a norma dell’art. 13 del D.Lgs. n. 286/98 (la legge sull’immigrazione) è possibile disporre l’espulsione anche quando non si siano rispettati i termini entro i quali presentare la richiesta per il permesso di soggiorno (salvo casi di forza maggiore, eventi imprevisti o quant’altro). Perciò si potrebbe verificare il caso che decorso il termine del 16 aprile alcuni fratelli non abbiano presentato domanda per il permesso. Ci si dovrà attrezzare con i legali. Ma c’è più di un motivo perché il termine in questione possa essere considerato ordinatorio. A) il permesso di soggiorno umanitario è rilasciato in deroga alla normativa in materia di immigrazione, appunto per far fronte ad una situazione di emergenza, perciò non non può trovare applicazione l’art. 13 T.U. n. 286/98 (legge sull’immigrazione); B) è la situazione di emergenza che legittima il rilascio del permesso di soggiorno umanitario perciò sussistendo tutte le altre condizione di legge non è certo il termine degli otto giorni che può legittimare il diniego del permesso o l’eventuale decreto di espulsione. Insomma se si fugge da situazioni di guerra o da condizioni difficili create dalla guerra è questo il motivo del soggiorno, cioè assicurare una protezione umanitaria. Si ha diritto al soggiorno per questo motivo.
3. possibilità di recarsi in altri paesi europei.
La questione è delicata. Si deve chiarire che la titolarità del permesso di soggiorno umanitario da diritto a muoversi nella cosiddetta aria Schengen. E’ lo stesso decreto che lo riconosce “Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 consente all'interessato, titolare di un documento di viaggio, la libera circolazione nei Paesi dell'Unione europea, conformemente alle
previsioni della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1995 e della normativa comunitaria”.
Il punto è che i fratelli potranno pure circolare ma gli è impedita, poi, la permanenza nello stato europeo nel quale si decide di andare.
Per chiarezza ai fratelli va spiegato questo:
- che nessuno stato europeo può rifiutare loro l’ingresso nello stato una volta ottenuto il permesso di soggiorno umanitario;
- che però al massimo è previsto che nello stato europeo si può rimanere per tre mesi scaduti i quali o vengono respinti in Italia, se il permesso è ancora in corso di validità, ovvero rimpatriati;
- che al momento non esistono possibilità che il permesso di soggiorno umanitario possa essere convertito in un altro paese europeo.
Si dovrà allacciare rapporti con organizzazione solidali e antirazzisti europee e prendere con loro contatti, in modo da verificare quali strade possibili ci sono per un eventuali conversione del titolo di soggiorno.
4. Con il permesso di soggiorno per motivi umanitari si può svolgere attività lavorativa?
Sicuramente qualche datore di lavoro porrà dei problemi.
Il DPCM del 5 aprile scorso stabilisce che “Il questore, […] rilascia, anche sulla base di quanto previsto dall'art. 9, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni, un permesso di soggiorno per motivi umanitari della durata di sei mesi, ai sensi dell'art. 11, comma 1, lettera c-ter), dello stesso decreto”.
E’ quindi sulla base dell’art. 11, comma 1, lett. c-ter del DPR 394/99 (regolamento attuativo della legge sull’immigrazione) che viene rilasciato il permesso di soggiorno.
Ebbene l’art. 14, comma 1, lett. c), del medesimo DPR stabilisce testualmente che “il permesso di soggiorno […] per motivi umanitari […] consente l'esercizio del lavoro subordinato e del lavoro autonomo […]”
Anzi all’atto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari potrà essere richiesto, qualora vi sia un contratto di lavoro in essere, la conversione in motivi di lavoro in base proprio all’art. 14, comma 3, DPR 394/99 “Con il rinnovo, è rilasciato un nuovo permesso di soggiorno per l'attività effettivamente svolta”.
Altra questione che si porrà è che tipo di contratto si potrà concludere: a tempo determinato (per es. fino alla scadenza del permesso di soggiorno) ovvero a tempo indeterminato o con tempo superiore alla scadenza del permesso di soggiorno.
Qui bisogna essere chiari non c’è nessun divieto alla possibilità di concludere contratti di lavoro di durata superiore alla scadenza del contratto ovvero a tempo indeterminato. Questa è infatti l’ipotesi preferibile per consentire che poi venga rinnovato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
5. Cosa succederà allo scadere del permesso di soggiorno per motivi umanitari?
E’ chiaro che chi ha un lavoro o ha svolto attività lavorativa potrà richiedere la conversione del permesso di soggiorno in motovi di lavoro.
Per gli altri invece? La questione è seria e perciò dobbiamo prepararci bene ad affrontare questa situazione. Niente di più facile che il governo non emanando altri decreti in merito lasci la situazione nel caos. Lasciando alle questure l’interpretazione delle norme. Il punto è che la protezione umanitaria è concessa in relazione a motivi appunto umanitari.
Perciò se continuano a permanere quelle motivazioni i fratelli hanno diritto al rinnovo per motivi umanitari anche in assenza di un lavoro.
Considerato di poi che lo stesso governo, come si scriveva prima, ha dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2011.