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Negli ultimi mesi a Napoli gli ambulanti italiani e immigrati che lavorano a piazza Garibaldi, intorno a via Bologna, si stanno unendo di nuovo, come nel 2001, per lottare difendendo il diritto al lavoro, minacciato dal fatto che il Comune di Napoli non ha intenzione di rinnovare i loro permessi di ambulanti a causa dei lavori di riqualificazione della stazione centrale e di tutta l’area adiacente di piazza Garibaldi.
Quello che ormai tutti chiamano il “suq” di piazza Garibaldi è nato grazie alle lotte fatte dagli ambulanti nel 2000 insieme all’associazione interetnica e antirazzista 3 Febbraio per avere un regolare titolo di vendita e uno spazio vicino alla stazione dove poter lavorare: il mercatino di via Bologna non sarebbe stato possibile senza quelle lotte che videro uniti italiani e immigrati dell’A3F per il diritto al lavoro e alla dignità in una città come Napoli che non offre alternative lavorative.
Intervistiamo Thierno, che viene dal Senegal e vive a Napoli da molti anni, e Antonio, protagonisti della lotta attuale e nel 2000.
Thierno, puoi dirci che succede?
Il Comune di Napoli, a causa del progetto di visibilità della nuova stazione Garibaldi ha intenzione di chiudere la piazza e tutte le vie a ridosso di questa, cacciando tutti gli ambulanti senza fornire alcuna alternativa.
Quando vi hanno comunicato che dovevate andare via?
Ci hanno detto circa un anno fa che dovevamo andarcene; da allora viviamo nell’incertezza e nella paura di essere cacciati da un momento all’altro.
Come vi state organizzando?
Alcuni di noi sono andati a parlare con gli amici dell’A3f e gli altri ambulanti, cercando di non scoraggiarci e cedere alle intimidazioni del Comune, ma ricordandoci che già nel 2000 abbiamo dovuto lottare per avere il diritto di vendere qui a via Bologna e ci siamo riusciti proprio perché abbiamo lottato e siamo stati uniti. Perciò anche questa volta abbiamo chiesto il sostegno dell’A3f. Siamo andati a parlare anche con la CIGL ma è rimasta passiva.
Il Comune non vuole rilasciare l’autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico da ormai tre anni. Dal 2002, dopo la nostra lotta, abbiamo avuto una autorizzazione all’occupazione suolo, poi un solo rinnovo e poi basta, siamo diventati così di nuovo irregolari. Da allora abbiamo sempre parlato con le istituzioni: Prefettura, Comune, Questura, abbiamo fatto manifestazioni e cercato di informare tutti sulla nostra situazione. Questa è stata una lotta di immigrati e italiani; qui c’è tutto il mondo: italiani, senegalesi, nigeriani, arabi, etc. Sono convinto che bisogna muoversi insieme, se no non si ottiene nulla.
Antonio, cos’altro puoi dirci?
La nostra lotta deve vederci uniti e possibilmente unire anche più ambulanti: se facciamo gli ambulanti, esposti al freddo e alle intemperie è perché non abbiamo altre possibilità di lavoro. Quando abbiamo detto a quelli del Comune: “se non volete darci la possibilità di vendere, dateci un altro lavoro” ci hanno riso in faccia e risposto che a Napoli non c’è lavoro. Noi abbiamo pagato l’occupazione suolo dal 2000 ma ora vogliono imporci anche un registratore, tasse, altri contributi da versare all’INPS... insomma ho calcolato che dovremmo pagare più di 20 euro al giorno di tasse, inclusa la domenica e i festivi, in cui però ci è vietato lavorare e anche se piove o siamo malati paghiamo lo stesso. Sappiamo che quello di imporci nuove tasse è un pretesto per cacciarci. Ma continueremo a lottare.
Come procede la lotta?
Abbiamo fatto dei presidi sotto Palazzo S. Giacomo, sede del Comune, il 26 ottobre e 9 novembre, consegnando i nostri documenti e permessi di ambulanti che l’amministrazione comunale sta vagliando. Non ci hanno mai chiesto tutta questa documentazione fiscale, è solo perché vogliono una bella piazza ma vuota; non sappiamo quando verranno a cacciarci e non abbiamo avuto ancora nessuna riga dall’assessore Raffo. Il sindaco non esiste per la povera gente. La CIGL trova scuse, noi gli abbiamo sempre dato notizie della nostra lotta ma di fatto non ci sostengono. È grazie all’A3f che andiamo avanti: proteste e lotte ci fanno resistere, altrimenti già ci avevano cacciato! Il nostro banchetto ci serve per sopravvivere: per questo chiediamo a tutti di darci solidarietà; la nostra è una lotta giusta come ce ne sono tante in questo paese, essere uniti può aiutarci a vincerla.
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