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Commercianti Bengalesi contro il pizzo a Ballarò: esempio di dignità e coraggio
Lunedì scorso dieci uomini, tutti legati alla famiglia Rubino a cui appartiene Emanuele, colui che un mese fa ha sparato a Yusupha, sono stati tratti in arresto per estorsione, violenza privata, minacce aggravate dal metodo mafioso e dall'aggravante razziale, grazie alla denuncia spontanea di 10 commercianti bengalesi che da anni subivano le vessazioni della famiglia Rubino e i suoi lacchè, superando la paura e affermando dignità.
Esprimiamo una forte solidarietà e una vicinanza profondi ai commercianti che hanno scelto con coraggio di denunciare il racket.
Non è un caso che le denunce siano state presentate dopo la manifestazione del 9 aprile scorso contro il tentato omicidio di Yusupha; peraltro, i denuncianti hanno dichiarato, tra l'altro, che il gruppo di mafiosi arrestati gli aveva intimato di non partecipare al corteo, altrimenti avrebbero subito delle ritorsioni.
Il grido numeroso, convinto e accogliente che si è espresso alla manifestazione del 9 aprile, attraverso il protagonismo di tanti fratelli e sorelle immigrate, in particolare sollecitate dall'agitazione e dagli slogan dalla Comune, che hanno infranto il muro del silenzio voluto dagli organizzatori, ha dato forza e determinazione ai negozianti bengalesi della via Maqueda, i quali non ne potevano più di subire le angherie e le violenze del gruppo dei Rubino.
Hanno denunciato perché hanno cominciato a capire che si può essere protagonisti di una umanità migliore e che non si può vivere bene se non si afferma giustizia assieme.
È la prima volta che un gruppo di commercianti bengalesi denuncia spontaneamente di essere vittima del racket mafioso; e il loro coraggio assume ancora più valore se si considera che gli era stato "ordinato" di non partecipare al corteo, perché, come gli hanno detto, "a Ballarò siamo noi i padroni".
Questa azione così radicale ci dice che oggi più che mai abbiamo bisogno di scegliere e praticare una logica di accoglienza umana sottraendoci al cinismo, alla rassegnazione e all'indifferenza che oggi sembrano prevalere; così può cominciare una strada di riscatto comune in primo luogo morale.
26 Maggio 2016
Associazione antirazzista e interetnica 3 Febbraio, Palermo
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